Comunicato stampa

MAKE Spazio espositivo e GEZA Architettura si incontrano per una serata all’insegna della contaminazione artistica: fotografia, filosofia, poesia e architettura dialogheranno tra loro sulle note di Fabrizio Citossi e Luca Colussi accompagnati dalla voce dell’attrice Serena Costalunga. Il tema della serata, la spazialità, si intersecherà tra le proiezioni di Stefano Tubaro, Maurizio Ciancia e le poesie di Cristina Micelli, Massimiliano Lancerotto. 

Il prof. Simone Furlani, docente di Filosofia teoretica all’Università di Udine si interpolerà con un approfondimento sul concetto di Spazio. Chioserà l’architetto Giovanni Vragnaz. 

A cura di Valentina Del Toso. 

Con la cortese sponsorizzazione di On Art Udine e della Cantina La Cricca

Estratti video della serata:

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Video realizzato per Narrazioni Spaziali. Le immagini sono tratte dal progetto C’è SPAZIO per tutti mentre la batteria, le percussioni e gli effetti sonori di Luca Colussi (link sull’immagine).

 

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Estratto della serata. La nota critica scritta da Valentina Del Toso e letta da Serena Costalunga, accompagna le immagini proiettate. La batteria è di Luca Colussi, la chitarra di Fabrizio Citossi. (link sull’immagine)

Testo di Valentina Del Toso – lettura attoriale di Serena Costalunga

Qui si è alla ricerca di un linguaggio fotografico che dia senso al gesto, una metafora linguistica che garantisca l’uso pittorico della fotografia, non dello spazio o del tempo. 

Luoghi che si trasformano in palcoscenico utile a rappresentare. Strumenti, non fine, per raccontare d’altro. Raccolgo il vuoto capace di accogliere, lo spazio non come contenuto ma come contenitore. 

Il vuoto che rappresento è un antidoto al troppo pieno. Nell’eccesso di cose risento della mancanza di spazio e di tempo. Visualizzando, li sospendo entrambi per recuperarli. 

E’ una cosa forte costringere tre estensioni a rinunciarne ad una. Semplificando, tutto, tutto, tutto si palesa. 

Nella bidimensionalità ogni dettaglio diventa più accessibile alla nostra comprensione, come in mezzo al mare, in mezzo alla neve. E’ così che ci emancipiamo dall’angoscia: la vera terza dimensione dell’uomo.

Sto rivendicando lo spazio che mi appartiene, lo inseguo, lo traccio, lo incornicio. Lo spoglio del non necessario, lo riduco a se stesso. Lo inquadro, come inquadrassi me stesso: un autoritratto. 

Tutto è una metafora del tutto. E’ solo l’indice che indica la luna, the dark side, esploriamo lo spazio nella sua assenza, nel suo flebile impercettibile respiro. 

Non sono portoni, sono la dissolvenza di tutti i portoni possibili, l’idea platonica di ciascuno, dalla caverna esco a riprogrammare l’esistente, a ricondurre l’oggetto alla sua essenza. 

Alla ricerca di un’eventuale verità, la verità ultima possibile, immobile e dinamica, sintetica e assoluta, una verità poetica e matematica che si incarni nelle cose meno fruibili. 

Io sono dentro a tutto questo. Mi muovo in ogni assenza. Il vuoto è pieno del mio segno che costringe lo spazio e il tempo a se stesso. 

Non sono oggetti che raccontano una storia, forse non sono neanche oggetti, forse non c’è nemmeno una storia, ma solo l’accenno, di essi, di una narrazione che continua. 

L’artista c’è. E’ ovunque, si muove nello spazio e raccoglie gli scampoli di tempo, dissotterrati, ricomposti. 

Questi muri non sono un limite, sono l’evidenza, sono l’ampiezza sotto altra forma, lo spazio infinito che si esprime in verticale e costringe a riconsiderare lo sguardo. 

Scandagliando la propria zona d’ombra, infiniti tratti oscuri, dentro, come alla ricerca di un punto che riassuma tutto. Un luogo archetipo. 

Ho alleggerito me stesso. Ho alleggerito la vita, lì, mettendo a fuoco l’essenza ho ricostruito quell’immediatezza che la quotidianità confonde. 

Il gesto dell’uomo è il gesto di dio che dal caos arriva al kosmos, all’ordine. Confuso sistema che prende forma. Sistema poetico. Sintetico. 

pastedGraphic.pngNon c’è prospettiva o via di fuga, inseguo simmetrie utili, scorporo, estraggo, sintetizzo, esautoro ciò che non è più necessario. 

Ogni gesto è autentico, ogni risultato mi rappresenta, radiografia di un interno misterioso e complesso che si spoglia del superfluo. 

Forse una dimensione ideale, forse, una dimensione ideale dell’anima che sopravvive alla corrosione del quotidiano, forse l’espressione di una ricerca, continua. 

Siamo nella metafisica, oltre l’orizzonte del palpabile, non c’è alto o basso, destra sinistra, le direzioni si uniformano, si annichiliscono a vicenda. 

Il grigio non è pessimismo o indifferenza, ma il giusto compromesso tra pieno e vuoto, un equilibrio sottile ed instabile, una bolla, da soffiare con consapevolezza. 

Il colore ha un peso, un significato intenso, una concessione rappresentativa, l’alternanza del rumore al silenzio 

Rossi di campiture profonde, blu, gialli verdi in sequenza che spezzano la monotonia, come forme iconiche fatte di luminosità intensa e abbacinante. 

Tutte queste foto sono in quadricromia, non mostrano dominanti cromatiche. Il bilanciamento del colore permette il dialogo e contribuisce all’equilibrio. Ogni colore ha la propria ampiezza d’onda che trascina con sé tutte le gradazioni possibili. 

Bianco nero, grigio e grigi sempre più sottili come a dissolversi in trame impalpabili e trasparenti. Eventi sottili e unici. Soli.