IDEALIZZARE LO SPAZIO

Installazione realizzata nell'ambito dell'evento "Come se...", Maravee Fiction, 16-25 novembre 2018 presso il Castello di Susans.

Performance attoriale dedicata all’installazione Idealizzare lo spazio di Maurizio Ciancia

Drammaturgia di Sabrina Zannier

Performance attoriale di Fabiano Fantini.

Questa è un’opera che si discosta dalla mia produzione per una precisa scelta linguistica: sono le uniche immagini di questa mia ricerca in cui ho inserito un oggetto. Il vuoto che cerco  di rappresentare è fondamentalmente una dimensione interiore e, in quanto tale, non riesco a osservarla se non nella mia accezione intima. L’assenza di persone in queste immagini è legata a questa percezione. L’assenza di oggetti invece è funzionale, serve a evitare il rischio di indurre la lettura di storie che a me non interessa raccontare, non con queste fotografie. Nelle immagini di questo dittico invece gli oggetti sono protagonisti e servono per creare un contesto che tutti conosciamo attorno al quale ho creato uno Spazio surreale utilizzando il linguaggio che caratterizza questa mia ricerca. Affiancando le immagini si apprezza una consecuzione della linea di orizzonte e una affinità cromatica che rendono questo Spazio visionario ma plausibile. Il contrasto tra ambiente domestico e ambiente esterno serve a forzare le lettura dello Spazio in chiave intima e interiore dove l’unico limite è la capacità di immaginazione. Nel quadro così descritto, propongo l’opera “Idealizzare lo Spazio” come chiave di lettura per comprendere la vocazione della mia ricerca.

Ero di fretta, oggi.

Anche oggi ho vissuto la mia giornata di corsa, fra mille cose da fare senza quasi pensare.

Tutto doveva scorrere liscio: ogni appuntamento all’ora prevista, l’uno e gli altri intervallati dalla stesura del mio progetto da consegnare fra dieci giorni con capitoli e paragrafi complessi e articolati fra parole disegni tecnici e preventivi di costo passando con la testa tra le frasi scritte in un italiano accattivante e coinvolgente e numeri, numeri e numeri di soldi da spendere che sembrino pochi ma in realtà devono essere tanti…se quel progetto lo vogliono davvero realizzare!!

Tutto doveva scorrere liscio, oggi. Anche oggi.

Appuntamenti, scrittura, conteggi, grafici e immagini da preparare.

Ogni cosa incastrata al suo posto, entro quell’ora e guai sgarrare.

Erano già tante, le cose da fare. Poi - e in mezzo - sono arrivati, puntuali anche loro, i contrattempi: le telefonate di altra gente affannata, che mi cerca per urgenze non urgenti; il parcheggio introvabile e allora parcheggi dove non puoi e ti ritrovi la multa che non vuoi e allora tenti di conservarla per pagarla un altro giorno… ma anche gli altri giorni saranno come questo….

Giorni colmi di contrattempi e di vita che vivi di lato

anche se ne sei innamorato. 

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Ero di fretta, oggi. Ma adesso mi sono fermato. Mi sono accomodato in salotto, nell’appartamento di un mio caro amico. Sono venuto qui perché solo lui sa ridarmi il tempo che perdo. 

Il tempo per costruire il mio SPAZIO. 

Ma quale spazio? Siamo circondati: da spazi, da luoghi, da cose e persone che gli spazi li occupano e li riempiono.  Ecco, lì - nel “tutto pieno” - non c’è spazio per me, non riesco a far correre il mio pensiero, non riesco a vedermi. 

Lo spazio personale, lo spazio del pensiero va cercato e costruito.

Non voglio, però, costruirlo dal nulla. Perché non voglio evadere dalla vita di tutti e di tutti i giorni.

Come fare, allora? Lui sì che lo sa! Il mio amico Maurizio trova il suo spazio in luoghi ordinari e trasforma il caos in ordine.

Più volte abbiamo passeggiato insieme – io e Maurizio - in centro città e in periferia.

Io ho visto strade, edifici, persone, segnaletiche di ogni tipo, gente che parlava, camminava, correva, auto che passavano e parcheggiavano….

Non ho distinto nulla di preciso, se non un continuo accavallarsi di stimoli visivi e sonori.

Maurizio, invece, ha svuotato lo spazio, ma senza destrutturarlo. Anzi, lo ha valorizzato per via di segni e cromie, focalizzandosi su alcune parti: pareti di edifici, con sequenze di finestre, porzioni di pavimenti, essenzializzando il tutto nel minimalismo delle linee e dei colori. Come avete visto nelle sue immagini nel salone al piano terra.

Lì sì che si respira!!

Perché c’è spazio.

C’è lo spazio per proiettare e ordinare il proprio pensiero!

Un pensiero intimo. Il pensiero identitario. Il suo, il mio, il tuo.

Un pensiero che nel suo farsi attraversa spazi interni e spazi esterni.

Un pensiero che mescola le carte del qui e dell’altrove.

Un pensiero che crea connessioni perché riguarda lo spazio dell’identità, lo spazio dell’esserci in un luogo ideale ri-costruito nell’ordinamento del caos.

Avete mai provato la sensazione di pace e di libertà dopo aver ripulito e ordinato una stanza, che sia di casa, dell’ufficio o dello studio? Tutto sembra più chiaro e possibile.

E’ come mettere in ordine il pensiero.

Si ha la sensazione di aver meno cose in agenda, di poter iniziare un nuovo progetto. 

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Se lo spazio è minimalista e ordinato, il pensiero può anche scivolare lentamente su un oggetto, può soffermarsi su un dettaglio, respirarne il materiale. 

Come accade qui, seduto su questa poltrona, che occupo con il mio corpo e al contempo vedo nella fotografia appesa a parete. 

Qual è la poltrona vera?

Questa la tocco e la vedo da vicino, percepisco la materia morbida e carezzevole del tessuto…

ma la poltrona nell’immagine è quella più vera per me.

E’ la poltrona sulla quale mi siedo con il pensiero,

in uno spazio ordinato e al contempo dettagliato, ma ventilato e capace di farsi mio.

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Allo stesso modo è vero, anzi più vero del vero, il vecchio televisore dell’altra fotografia.

Dentro il suo monitor rivedo la poltrona e allora penso al mio spazio. Allo spazio nel quale ho visto la poltrona per la prima volta. Era in un’antica dimora, dove c’era una festa colma di gente musica e cibo. Era una bella serata con amici vecchi e nuovi….ma poi mi sono perso, girovagando tra saloni, salette e lunghi infiniti corridoi…

Quella poltrona, stagliata su una parete, in una stanza vuota…mi ha fatto fermare.

Mi sono seduto e ho ascoltato il silenzio.

Quello spazio era mio.

In quello spazio ho ritrovato in una sera il tempo perduto di giorno in giorno.

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Dopo aver ripensato alla poltrona dell’antica dimora, ora esco con lo sguardo dal monitor di quel vecchio televisore e mi accorgo che non c’è un salotto ma l’ampio orizzonte di un cielo appoggiato su una spiaggia. 

Anche qui si respira.

Respiro forte il mio spazio personale.

Ripenso alle serate della mia infanzia, attaccato alla TV con tutta la famiglia e altri bimbi. Con amici che arrivavano e partivano e si parlava e rideva e intanto la televisione andava….

Poi mi viene in mente la passeggiata invernale con Maurizio.

Al mare, sulla spiaggia.

L’altro giorno.

Un giorno qualsiasi, quando camminando parlavamo. 

Io ho respirato il profumo del mare, ho visto la spiaggia. Ma non con questo respiro, non con questo incisivo minimalismo.

Nella spiaggia deserta di Maurizio mi sono ritrovato. Con la mia essenza, la mia identità, il mio pensiero.

In questa spiaggia il mio amico ha visto anche un televisore.

L’ha visto dopo la nostra passeggiata o l’ha solo pensato?

Non voglio una risposta.

So solo che camminerò ancora con lui….dentro il suo spazio…

Per scoprire anche il mio.